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Mi propongo di far conoscere realtà che non piacciono, sono scomode e infastidiscono per la loro crudezza.Vorrei che ognuno di noi si interessasse agli altri anche se distanti.

mercoledì 4 maggio 2016

Voci dallo Slum

Monrovia's Slum. Photographer Eva Menossi
Avevo già parlato di come le persone vivessero negli slum ( http://silenceinchains.blogspot.it/2016/04/la-storia-di-sweety.html ) e di come fosse la sanità in West Coast ( http://silenceinchains.blogspot.it/2016/04/la-liberia-ai-tempi-dellebola.html ).
Durante le mie giornate malariche all'interno di South Beach (il secondo slum più grande di Monrovia) ho avuto modo di condividere anche quei momenti di "fratellanza" durante i quali ci si siede in cerchio e ci si passa crack e marijuana. Tra i vari membri dello stesso slum o di slum differenti, questi rituali sono utilizzati per pacificare liti e tensioni ed ovviamente non sono ad accesso libero, in quanto il significato simbolico del rito è l'accettazione all'interno di una comunità. Tutto quello che porta qualcuno viene condiviso (nel mio caso gli lasciai due pacchetti di sigarette).
Gli slum di Monrovia sono abitati più che altro da ex-combattenti o ex-bambini soldato, che dopo la guerra si sono trovati alla deriva. Dopo essere stati strappati alla famiglia attraverso modalità estremamente ricattatorie e cruente, alla fine del conflitto si sono trovati soli, con handicap fisici e psicologici, senza la possibilità di poter tornare nei loro villaggi, in quanto i legami sociali con il loro clan di origine erano stati recisi durante il reclutamento di questi ragazzi. Questo perché tra le modalità utilizzate per reclutare i bambini c'era il ricatto di uccidere i loro familiari: spesso la minaccia veniva accompagnata da amputazioni ai genitali o agli arti dei genitori, piuttosto che utilizzare quello che viene denominato "stupro per differita", ovvero la costrizione di violentare madre o sorelle sotto minaccia di morte, o ancora i guerriglieri di Taylor entravano nelle scuole e uccidevano chi si rifiutava di entrare nell' INPFL (Indipendent National Patriotic Ftront of Liberia). Questo avvenne sia in Liberia che in Sierra Leone con conseguenze devastanti sui legami familiari, in quanto questi bambini a guerra conclusa non potevano più essere riammessi nelle loro comunità, le quali sono l'unità base della società africana. Non c'è un posto dove andare ne dove tornare. Spesso i ragazzini entravano nei movimenti di guerriglia (erano molteplici) per salvare la loro la famiglia e a guerra finita si son trovati senza più niente, ma l'essere umano si adatta alle situazioni più dure e tenta di sopravvivere. Ho trovato nelle persone una grande voglia di raccontarmi e di rendermi partecipe della loro situazione, un chiedermi di denunciare la loro situazione e di dire come le NGO e le organizzazioni governative non facessero nulla per loro. Mi hanno chiesto supporto psicologico, mi hanno domandato ascolto. Non parlo di persone alla deriva che non vogliono prendersi cura di loro stessi, anzi, parlo di persone che tentano in ogni modo di sopravvivere e di stare meglio, di recuperare quanto hanno perso.
La cocaina segue percorsi particolari, in quanto per accedere agli USA deve compiere una rotta che parte dalla Bolivia dove viene coltivata fino alle frontiere messicane, mentre per l'esportazione in Europa la tapa obbligata sono le Isole Canarie, il Burkina Faso, la Liberia, la Sierra leone e la Guinea. L'import-export di cocaina è facilitato dalla corruzione dei governanti e dalla poca centralizzazione dello stato che non ha potere sui propri confini.
Gli abitanti della Liberia non hanno soldi per comprare cocaina, ma si devono accontentare del crack: sostanza di scarto del prodotto primo, estremamente nociva per il corpo (specialmente l'organo encefalico).
Ma torniamo alle persone che ho incontrato e a quella che è stata la mia esperienza tra di loro...dopo qualche giorno che bazzicavo lo slum sono stata invitata a uno dei loro riti i riconciliazione, durante i quali le persone hanno chiesto di raccontarmi la loro storia.
Io riporto una delle interviste che queste persone mi hanno concesso. Non conosco il nome di questo ragazzo, in quanto è ancora ricercato per crimini di guerra, ma racconterò quello che ha avuto da dirmi.

Ex-Children Soldier. Photographer Eva Menossi
Grazie per avermi accettata qui. Non voglio crack, ma se volete vi offro le mie sigarette. per favore parlate uno per volta se no non riesco a capire cosa dite.
Tu come ti chiami?
Non posso dirtelo, sono ricercato. Se vuoi c'è un pò di crack. Mi dai una sigaretta?
Grazie, il crack non lo prendo. Tieni pure il pacchetto e dividiamocelo. Raccontami un da dove vieni.
Ma guarda la mia è una brutta storia. Ho 28 anni e nella mia vita ho sofferto molto: sono nato a Tecano, un villaggio vicino a Monrovia e ora sopravvivo qui a South Beach, ma non ho un lavoro. Mangio e mi drogo, non ho un lavoro.
Hai partecipato alla Seconda Guerra Civile...Raccontami cos'hai visto, se ti senti.
Durante la guerra ho ucciso molte persone con la mia eke (pistola) quando avevo 11 anni. Io facevo parte di un gruppo che sosteneva Charles Taylor. quando la guerra è finita io sono tornato a casa ma la mia famiglia non mi ha più voluto.
Come sei entrato nelle milizie di Taylor?
Mi hanno semplicemente catturato. Quando i ribelli sono entrati nel villaggio hanno preso sei ragazzi tra cui me. Quando è finita la guerra la mia famiglia non mi ha più voluto lì e mi sono trasferito a Monrovia. Qui vivo di espedienti per potermi procurare sia il cibo che la droga. Io cambio dollari illegalmente sulla spiaggia per esempio e scippo. 
Sei sempre stato a Monrovia?
No, ho combattuto anche in Sierra Leone. ricordo molte persone morte, anche se  fare la guerra mi piaceva perché con Taylor eravamo degli uomini, e ora che cosa siamo? 

Mentre siamo lì interviene un'altra persona, anche lui seduto con noi, perché ormai siamo un "noi". Seduti insieme e un pò malconci (il chinino non fa bene alla salute) Mi risulta difficile seguire la conversazione; tutti cercano di intervenire. Cerco di farli parlare uno per volta, mentre le mie sigarette vanno a ruba e il crack continua a essere passato di mano in mano.
Riporto la seconda testimonianza che son riuscita a raccogliere.

Che ruolo avevi nella guerra civile?
Io sono il generale Bo e mi drogo perché sono stressato. Sostenevo Charles Taylor perché lui credeva in noi. Taylor era sostenuto dagli americani , lavorava per la General Service Agency, è stato messo in prigione e poi liberato dagli stessi americani [Taylor fu incarcerato nel 1984 a Plymouth, nello stato del Massachusets il 24 maggio ed evaso il 15 settembre 1985]. Agli americani non piaceva il presidente Doe perché voleva una Liberia più indipendente e trattava anche con l'Europa, però, secondo me, Doe era un dittatore come Gheddafi. Senti io ti dico queste cose, ma sono informazioni riservate e di solito si pagano, ma sei qui con noi e te lo dico. 
Non preoccuparti, ho trovato documentari sulla storia di Taylor, e non mi stai dicendo il tuo vero nome. Io personalmente non amo molto Taylor, tu cosa ne pensi?
Io amo Taylor, ed è pericoloso parlare male di lui perché è uno degli uomini più amati in Liberia. Le persone amano Taylor perché ha combattuto la dittatura di Doe ed è cresciuto in uno slum. Secondo me Taylor a suo modo ha cercato di di rompere un pò il potere che gli USA avevano qui in Liberia. Considera che qui riceviamo aiuti dagli USA ma  come una forma di prostituzione.
Cosa pensi tu di Taylor?
Ha fatto rituali di magia nera, quell'uomo può scomparire nella giungla. Per fare una cosa del genere devi prendere una parte della pelle della schiena e tenerla nel portafoglio se sei in una brutta situazione. In mezzo ai nemici Taylor faceva così e anch'io. Quando vogliono colpiti tocchi il portafoglio o la tasca e non ti possono vedere.
Però mi sembra di capire che sia Doe che Taylor fossero comunque legati al commercio con gli USA. 
Senti noi siamo una colonia degli USA, ogni cosa che abbiamo è data da loro, ma questo avviene da sempre. Gli USA sono sempre intervenuti nella nostra politica e in un certo modo Taylor faceva da tramite ma a me non dispiaceva, anche se none ra un uomo pacifico. L'ho conosciuto personalmente, era molto passionale, emotivo, carismatico.

Il 26 settembre 2013 Charles Taylor fu condannato a 50 anni di carcere dalla Corte dell'Aia, per Crimini di Guerra ed è attualmente detenuto in un carcere di massima sicurezza nel Regno Unito.

E come mi disserro appena arrivata in Liberia: "Welcome to USA".





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